Sirenide
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Carmine Tavarone

City of metamorphosis

Sirenide is an almost invisible city, built on the transparencies and lightness of a translucent resin, the softness of water colours, the reflecting plexiglas. Entering its labyrinths one wonders on gravity: in here everything is sculptured wishing to free forms from matter, to let them float in the air, to make light caress them.
Sirenide is a metaphoric universe where evoking water is a thought full of nostalgia and anguish, of a beloved and betrayed beauty. Beyond the marine part of her adventurous life, a Siren, a mermaid bestowing life and death, memories and oblivion, welcomes the visitor. She is suspended on the caduceus beauty of swimmers' athletic bodies inviting the visitor to venture into the deep sea night, to abandon the world of Supernal Gods to embark on the adventurous voyage into the depths of Infernal Gods.

Their rhythmic movements cut the waves perfect as they are, like the number "eight" concealing the Sirens' names and the magic of their voices: Himeropa, the voice of desire; Molpo, the harmonic voice; Aglaope, the thrilling voice; Thelxiopé, the sweet chant; Persinoe, the alluring voice; Leucosia, the treble voice; Lighea, the clear voice; Partenope, the virgin's voice. Eight voices interweaving with the eight round spindles of ancient astronomy, to the musical octave, to the first cubic number, to the eight directions of the wind, to the oxygen atomic number, to the graphic sign of infinity, the horizontal eight. A step forward from number eight ritual space and an intermediate narrow recess appears to the visitor: here is Ciane's shore, a new net of allegoric traps and enlightening paths. The pale blue-haired Siren is depicted in her last prophetic shake before her suicidal devoting to metamorphosis.

Ciane, fed by the sea, has slender limbs being slowly transformed into icy waves by a greenish, sour water, while a dark lymph takes the place of her warm blood like a deathly liquid announcing the nothingness which will be left of her. Then the visitor crosses Sedna's unstable and foggy world, the Siren - seal, Goddess of the northern people, the Inuit. Sedna, whose name was given to the last planet of the solar system, has a playful ambiguity. She makes herself visible writing her name. Sedna stimulates metamers and waits for someone entering her womb and with his body mass to eclipse her bright ray. This is the only way she has to give herself a name. When the body hardly moves, her name will be again a sheet of water. Words say no more: the story to be told goes beyond them.
So there are no obstacles in entering Lighea's fairy and desperate world, the Siren who taught ancient Greek sounds and love to a young Sicilian man, son of the sun. That young man is now a short-sighted, heavy smoker, foul-mouthed professor. He lives in pain since he lost the Beauty, made flesh in that creature whose smile "expressed only itself, that is an almost wild joy of being alive, an almost divine blissfulness…" (Tomasi di Lampedusa). Lighea was a primordial force, a vocational apollonian and dionysian union, uprooting faiths, wasting metaphysics: a pagan hymn to life.
And here she appears in midstream, offering her profile, the lips quite stretched into a chant, a very sweet Mediterranean chant which, forcing the deep marine silences, seduces and still deceives.


Movable universe of gusts,
of rays, of colourless hours, of perpetual
passages, of splendours
of clouds: a moment and the shapes change
and shine, millenniums wave…
(Lucio Piccolo - Canti Barocchi)

Translated by Antonietta De Vivo

Carmine Tavarone

La città delle metamorfosi

Sirenide è quasi una città invisibile, costruita con le leggerezze e le trasparenze delle resine translucide, con la lievità dell'acquerello, col plexiglass riflettente. Chi entra nei suoi labirinti si interroga sulla gravità: qui, tutto è scolpito col desiderio di liberare le forme dalla materia di librarle nell'aria, di farle accarezzare dalla luce.
Sirenide è un universo metaforico dove l'evocazione dell'acqua è pensiero di nostalgia e di angoscia, di bellezza amata e tradita. Oltre le fasi equoree della sua avventurosa esistenza, una Sirena, dispensatrice di vita e di morte, di memoria ed oblio, accoglie chi vi entra. E' sospesa tra la decidua bellezza di atletici corpi di nuotatori, che invitano ad addentrarsi nella notte fonda del mare, ad abbandonare il mondo dei Superi, per affrontare l'avventuroso viaggio negli abissi degli Inferi.


I loro ritmici movimenti fendono le onde e sono perfetti, come il numero otto, che racchiude il nome delle Sirene e la timbrica magia delle loro voci: Himeropa, voce che provoca il desiderio; Molpo l'armoniosa, Aglaope squillante, Thelxiopé dal dolce canto; Persinoe la suadente, Leucosia voce bianca, Lighea voce chiara, Partenope voce di vergine. Otto voci che si intrecciano agli otto fusi sferici dell'astronomia antica, all'ottava musicale, al primo numero cubico, alle otto direzioni dei venti; al numero atomico dell'ossigeno, al segno grafico dell'infinito, che è un otto scritto orizzontalmente. Poco oltre lo spazio rituale dell'otto, c'è un tratto intermedio, un anfratto: la spiaggia di Ciane, nuova rete di insidie allegoriche e di percorsi illuminanti. La Sirena dagli azzurrini capelli è colta nell'attimo dell'ultimo sussulto profetico, prima della sua suicida devozione alla metamorfosi.

A Ciane, nutrita di mare, un'acqua verdastra, rancida sta, infatti, tramutando le esili membra in gelide onde, mentre un'oscura linfa le sottentra al posto del sangue caldo, come liquido mortifero e annunciatore del nulla che di lei rimarrà. Si attraversa, poi, l'instabile e nebbioso mondo di Sedna, la Sirena-foca, divinità dei popoli nordici Inuit. Sedna, il cui nome è stato dato all'ultimo pianeta del sistema solare, ha un'ambiguità ludica. Si rende visibile scrivendo il proprio nome. Sedna stimola metameri, Sedna Metamerina aspetta che ciascuno entri nel suo grembo e che, con la massa del proprio corpo, eclissi il suo raggio luminoso. Solo così ella riuscirà a nominarsi. Non appena il corpo si sarà mosso, il nome tornerà specchio d'acqua. Le parole si fermano: il racconto da raccontare va oltre.
Non vi sono ostacoli, perciò, a penetrare il mondo fiabesco e disperante di Lighea, la Sirena che insegnò antiche fonie greche e l'amore ad un giovane siciliano, figlio del sole. Quel giovane è ora un miope professore, fumatore incallito, bestemmiatore del mondo. Vive nel dolore per la perdita della Bellezza, fatta carne in quella creatura, il cui sorriso: "…esprimeva soltanto se stesso,cioè una quasi bestiale gioia di esistere, una quasi divina letizia…" (Tomasi di Lampedusa). Lighea era forza primigenia, connubio vocazionale di apollineo e dionisiaco; sradicatrice di fedi, dissipatrice di metafisiche: un inno pagano alla vita.
Ora ella appare a fil d'acqua, col volto di profilo, la bocca quasi schiusa ad un canto; una dolcissima nenia mediterranea che, scardinando i profondi silenzi acquamarini, seduce ed ancora inganna.

Mobile universo di folate
Di raggi, d'ore senza colore, di perenni
Transiti, di sfarzo
Di nubi: un attimo ed ecco mutate
Splendon le forme, ondeggian millenni…
(Lucio Piccolo - Canti Barocchi)